Discendiamo dagli Enotri, questo fa di noi donne e uomini legati alla vite e al vino.
La civiltà degli Enotri occupava un’area estesa dal Pollino calabrese, a Nord lungo tutta la costa tirrenica campana, per poi abbracciare la zona interna ad est dell’Appennino fino al Vulture e poi di nuovo giù verso lo Jonio lucano.
Nel Greco antico la parola Oinotron ci indica un “palo di legno a sostegno di una pianta di vite”. Un approccio di allevamento ancora in uso in molte zone della basilicata, della campania meridionale e della calabria settentrionale, principalmente utilizzata in piccole vigne ad uso domestico.
Oinotron doveva essere peculiare in questa zona dell’Italia meridionale tanto da indurre gli antichi Ellenici in fase di colonizzazione a coniarne il nome geografico sulla base di questa caratteristica.
Se il sistema di allevamento italico della vite fosse stato uguale a quello Greco, probabilmente lo si sarebbe assimilato a quello Ellenico. Gli Enotri hanno quindi coniugato le loro conoscenze consolidate di una viticoltura arcaica con quello che c’era da apprendere dai Greci, mettendo le radici di quello che diventerà migliaia di anni dopo uno dei fiori all’occhiello del made in Italy, il vino italiano, riconosciuto e maldestramente imitato a livello mondiale.
La prossimità di Moio della Civitella e di altri centri del Cilento con la vicina Yele, Elea e poi Velia, ha portato questi territori ad assimilare questo background e renderlo aderente alle caratteristiche produttive di queste terre, adottando culture e colture riguardanti l’allevamento delle viti e la trasformazione del vino.
Sono stati ritrovati documenti storici che comprovano che il vino prodotto a Moio della Civitella, già dal Settecento, era bevuto con somma gioia alla corte dei Re di Napoli da principi e notabili. Un vitigno originariamente di Aglianico che nel tempo è stato affiancato anche da altre qualità di uva, tra cui la Malvasia che oggi ancora si produce nelle vigne vive sparse sui nostri pendii.